Il tramonto di Sidi Jmour

Sono tornata da due settimane da Djerba e sono molto depressa. Sto scrivendo davanti alla mia finestra: il cielo a Torino è grigio! Per fortuna c’è Lady, la cagnolina nonnina (ha 15 anni) di mia sorella a rendermi la giornata meno triste. Amo tantissimo Djerba. Anche perché è sicura, tranquilla e, come dico io, a misura di uomo, vivibile, vicino all’Italia. Ecco perché non appena posso prendo l’aereo e vado da lei. Anche perché tra i souvenir di Djerba ci sono quelli da mettere in valigia e quelli da mettere nel cuore. Come il tramonto di Sidi Jmour.

Appuntamento a Sidi Jmour

Sono andata a Djerba per la prima volta nel 2011 (in Tunisia nel 1994) e per la prima volta vidi il tramonto più bello del mondo, o almeno per me. Mi ricordo ancora. Ero sulla sdraio, in riva al mare, quella prima volta. A un certo punto mi chiesi cosa fosse quello spettacolo di natura che stava comparendo davanti ai miei occhi. Un tramonto così incantevole non l’avevo mai visto. Né nella mia cara Repubblica Dominicana né in Jamaica né a Zanzibar né in Egitto né in tanti altri posti. Solo a Djerba. E quando lo vedi, non puoi mai più dimenticarlo. Come un bisturi, ti inciderà l’anima. E non potrai mai più guarire.

“Portami a vedere il calar del sole, per favore”

Da allora, quel tramonto tra i più belli del mondo, l’ho visto durante tutte le mie vacanze. Poi un anno, arriva il regalo di un mio amico djerbino. Stavamo parlando del più e del meno. A un certo punto, in modo secco e imperativo, gli ho detto: portami a vedere il tramonto. Erano le 20, era impossibile. “Domani alle 17 fatti trovare alla rotonda”. “Me lo prometti?”. “Sì”. Invece io ho pensato male. Che non mi avrebbe portato a vedere il tramonto e sopratutto che non sarebbe arrivato alle 17. Quindi mi presento alla rotonda alle 17.07 e vengo pure ripresa, perché ero in ritardo di 7 minuti. “Ti avevo detto alle 17. Sono le 17.07”. “Ma cosa fai? Sgridi una milanese?”. “Certo”. Perché io, quel tramonto, non me lo sono mai tolto dalla memoria e soprattutto dal cuore. E quello volevo di nuovo portarmi a casa, tra i miei souvenir di Djerba.

Non sapevo dove mi avrebbe portato. Sono salita in macchina con lui e mi sono affidata alla sua professionalità e gentilezza. Sapevo che mi avrebbe sorpreso. Tra gli arabi checchesenedica ci sono anche gentiluomini. Ma non pensavo mi sorprendesse così tanto. Non sapevo davvero dove mi avrebbe portato. So che però eravamo nella direzione di Houmt El Souk, capoluogo di Djerba.

Houmt El Souk: fondouk, murales e buganvillee

Infatti, ci fermiamo a Houmt El Souk, il capoluogo di Djerba (che puoi visitare facendo il tour dell’isola), pieno di fascino, dall’atmosfera serena e con le tipiche piazzette ombreggiate da buganvillee.

“È qua che vediamo il tramonto?” chiedo.
“No. Hai visto i murales di Houmt Souk?” ribatte lui.

No, non le avevo mai viste, le opere di alcuni artisti di graffiti di tutto il mondo che si sono appropriati dell’architettura tradizionale della città. E allora mi porta a vederli. Il resto invece lo conoscevo già: la Cattedrale, la moschea con il minareto in stile Ottomano, i fondouk (caravanserragli), una volta destinati ai mercanti viaggiatori per depositare le loro mercanzie, oggi trasformati in hotel, caffetterie o ristoranti, con le loro vaste corti circondate da arcate imbiancate con la calce. È qui che si sente battere il cuore di Djerba. È qui che rubo ogni volta il più possibile l’aria djerbina. 

tramonto di Sidi Jmour

Il tramonto di Sidi Jmour

Siamo risaliti in auto e lungo la costa siamo arrivati in uno dei posti più belli del mondo, più incantevoli di Djerba: la spiaggia di Sidi Jmour con le sue rocce, il mare, le barche di pescatori, una stupenda moschea.

“È qui che vediamo il tramonto?”
“Aspetta e vedrai”

E allora mi metto ad aspettare e immortalo il momento.

Poi… è arrivato finalmente lui. Nemmeno ricorrendo a meravigliose parole si può descrivere e capire la sua bellezza. Mozzafiato. Puoi solo guardarlo, in silenzio, il tramonto. L’ho fissato a lungo, ripetendo in continuazione quanto fosse una meraviglia. Poi mi sono seduta e ho ascoltato il mio cuore. In lontananza, le barche dei pescatori cullate dalla pace della natura. Fino a quando sono stata richiamata dalla parte opposta per l’ennesima sorpresa: la luna. Era tutto così suggestivo, complice anche il richiamo alla preghiera del muezzin della moschea. Abbiamo detto grazie ai nostri occhi per averci permesso di vedere tale bellezza che non si può descrivere con nessuna parola. E grazie anche al maktub (così è scritto, in arabo, ovvero il destino), che di mezzo ci ha messo anche una gatta con i suoi cuccioli (nella foto sopra).

Gli anni non si contano con i compleanni, le albe e i tramonti, ma con i momenti di felicità. E io quella sera sono invecchiata (detto beduino).

Ayshek, grazie mille.

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