10 mosse per cambiare vita
Molti mi scrivono che vogliono cambiare vita ed espatriare e mi chiedono consigli. Io posso solo trasmettere la mia esperienza, non sono di certo la persona giusta nel dare consigli, per questi per fortuna ci sono gli specialisti.
Infatti, anche io, prima di partire, chiesi aiuto alla mia psicoterapeuta alla quale mi ero già rivolta per affrontare situazioni difficili che avevo sul posto di lavoro. È interessante quello che piano piano nelle sedute psicologiche scaturisce, all’inizio solo ombre poi piano piano si palesano le chiarezze. Era arrivata l’ora di mollare tutto, espatriare, cambiare vita, provare altrove. Poi all’improvviso (ma nulla succede per caso), il fattaccio, cioè il licenziamento, e io ero la persona più felice del mondo. Ma a quel punto non potevo più giocare. Mi sono fatta seguire dalla psicoterapeuta fino alla partenza e ancora un paio di volte dopo, via email, per chiedere supporto e consigli. Perché il mio non è stato un colpo di testa, ma una scelta maturata nel tempo.
I consigli dello specialista per cambiare vita
Quindi a chi mi chiede consigli, posso solo raccontare la mia esperienza e invitarlo, se se ne ha il bisogno, a consultare uno specialista per esporre dubbi, paure, preoccupazioni. In ogni caso affidati a professionisti e diffida da chi approfitta della tua voglia di espatriare perché magari ha interessi sull’isola (per esempio, vendita di immobili). Chiedi aiuto come ho fatto io e non ti vergognare, per fortuna c’è qualcuno che ha voglia di ascoltarti in modo incondizionato. Condivido con te i consigli che avevo ricevuto dagli specialisti. Eccoli e seguili davvero se vuoi cambiare vita.
- Prima di partire, chiudi le situazioni rimaste aperte per non portartele dietro.
- Non fuggire da qualcosa o qualcuno perché tanto prima o poi dovrai farci i conti, anche se a decine di migliaia di chilometri di distanza.
- Affronta quel qualcuno o quel qualcosa e se non sei in grado di farlo da solo, allora chiedi aiuto: chiedere aiuto è il primo passo per lasciarsi alle spalle una situazione dolorosa.
- È meglio se organizzi o pianifichi il progetto di andare via ma, a volte, una decisione presa d’impeto ti può aiutare a compiere un gesto che altrimenti non avresti mai il coraggio di fare. Mollare tutto non è mai una scelta improvvisa perché dentro di te l’idea germinava finché un evento non ti ha fatto capire che è il momento di partire e andare via.
- Per scegliere la meta, segui il tuo istinto e le tue competenze innanzitutto linguistiche: se hai paura di rimanere senza soldi ti consiglio l’Australia dove non si può entrare senza un capitale iniziale, pari al prezzo del biglietto del ritorno. New York e Londra sono ottime mete se conosci l’inglese e hai abilità nel campo della ristorazione.
- Attenzione al capitale che avrai con te perché quando ci si trasferisce ci si dà una seconda possibilità e la si vuole vivere al massimo delle nostre possibilità, ma spesso viviamo al di sopra di esse.
- Una volta espatriato, non isolarti, perché altrimenti finirai per vedere il passato come una situazione edenica, quando in realtà non lo era se hai deciso di partire. Quindi chiedi aiuto se ti trovi in difficoltà: non fare l’orgoglioso!
- Ricordati che a volte si pensa di poter vivere meglio in un’altra nazione, ma poi si scopre il marcio ovunque. In particolare, la condizione dei giovani italiani all’estero non è migliore che nel nostro Paese, anche se qui in Italia i ragazzi devono vivere con uno stipendio che ruota intorno agli 800 euro.
- Abbi tanta voglia di lavorare, perché è l’unico requisito davvero indispensabile per trovare fortuna altrove.
- Se resti, se parti, se ritorni non sarai mai un fallito. Fallito è colui che si arrende, non colui che tenta e fallisce. Conta se si lotta per la propria vita, il proprio futuro e i propri sogni. È fallito colui che rinuncia a vivere il proprio sogno, ovunque si trovi. Se uno ci prova e non riesce, non può dirsi fallito.
Trasferirsi a Boca Chica
Una notte poco tranquilla a Boca Chica
Tra l’altro, l’unica volta che sono stata a Boca Chica di notte e ci ho dormito, hanno sparato. Sparano in tutta la Repubblica Dominicana e in tutto il mondo, non è questo il problema, però fino ad allora non mi ero mai trovata in mezzo a una sparatoria.
La mia ingenuità mi aveva fatto credere che fosse una festa: “che bello, i petardi, si vede che c’è festa”. No, non erano petardi, bensì proiettili.
Il mattino dopo per la calle, a parte i venditori ambulanti di caffè per i mattutini, e che parlavano della sparatoria, pare senza morti, della sera prima, c’era il deserto dei tartari. Solo qualcuno che barcollava ancora per l’alcol della sera prima e chi faceva sano running lungo la strada che collega la zona turistica alla zona residenziale.
Boca Chica: un piccolo villaggio
Boca Chica, un piccolo villaggio di circa 7mila abitanti, si trova a circa cinque minuti dall’aeroporto internazionale Las Americas di Santo Domingo. E per questo è molto frequentata dagli abitanti della capitale. La spiaggia è tra le più belle della costa orientale, l’acqua è poco profonda e la sabbia è bianca finissima.
Nella zona turistica, lungo la spiaggia, ci sono tanti locali, ottimi ristoranti quasi tutti di proprietari stranieri, così oltre alla cucina creola dominicana, la migliore dei Caraibi, potrai degustare anche quella italiana, francese, canadese, tedesca…, e molti negozi di souvenir. Insomma si trova di tutto. Appunto. Di tutto. Non ho mai visto così tanta prostituzione, così tante belle ragazze dominicane in balia delle depravazioni di vecchi europei. Ti cercano di vendere ogni cosa, in primis donne e droga. A me di Boca Chica piacciono solo la spiaggia, il mare e i ristoranti. C’è da dire però che, a differenza per esempio di Bayahibe, sulla spiaggia non si può stare tanto tranquilli, perché passano a venderti di tutto: cibo, souvenir, massaggi…
Da assaggiare comunque assolutamente i famosi palitos de cocco! Io poi ho mangiato ottimi spaghetti ai frutti di mare in un ristorante gestito da un italiano, sulla spiaggia; l’unico neo, un bel topo che a un certo punto si è materializzato sotto il mio tavolo in cerca di qualcosa da mangiare e io per ironizzare, ancora una volta, gli ho dato un pezzo di pollo….
Esami del sangue per lavorare
In Italia, che io sappia, per esperienza personale e a parte rare eccezioni in alcuni settori, nessun datore di lavoro, prima di assumere, fa fare gli esami del sangue e delle urine. In Repubblica Dominicana, invece, è molto facile che, soprattutto nelle strutture turistiche, ti facciano fare gli esami del sangue e delle urine per lavoro.
Gli esami del sangue e delle urine li ho fatti anche io. Quando vivevo in Repubblica Dominicana, a Bayahibe, provai a lavorare in un resort, il Dreams de La Romana, dovevo vendere i pacchetti vacanza alla clientela francese. Ebbene, prima di iniziare mi hanno obbligato a fare gli esami del sangue e delle urine. Che ho fatto in un centro clinico di Bavaro.
Non mi hanno detto perché li dovevo fare e cosa avrebbero indagato. Li dovevo fare e basta. L’ho capito quando insieme alla fattura ho richiesto la prescrizione degli esami da presentare poi all’assicurazione sanitaria per il rimborso. Conoscendo, anche per deformazione professionale, molto bene le sigle degli esami, non mi è stato difficile capire cosa hanno indagato: se avevo malattie infettive, mi drogavo o ero incinta. E fino a quando non ho fatto tutti gli esami del sangue e delle urine, e fino a quando non sono arrivati gli esiti, non ho iniziato a lavorare.
Adesso ti dico come ho raccolto il campione delle urine. Quando ho dovuto raccogliere le urine, la segretaria del centro clinico dove ho effettuato gli esami, mi ha accompagnato nel bagno, e ci è rimasta con me, in piedi, sulla porta semiaperta. Lì mi ha sorvegliato mentre mi tiravo giù le mutande e raccoglievo la pipì nel contenitore. Ho apprezzato subito la sua gentilezza, e ho pensato che rimaneva lì perché se chiudeva la porta, dato che non c’era la luce, non ci avrei visto e avrei combinato forse un gran pasticcio. Macché gentilezza, si accertava invece che non taroccassi o scambiassi il campione. Pratica molto diffusa in questa stupenda isola caraibica.
Bocciate anche le infradito
È uno dei lati positivi di vivere in Repubblica Dominicana: stare con le infradito tutto l’anno. E questa comodità mi manca molto, non fosse altro perché soffro terribilmente di alluce valgo Stare con le infradito ai piedi tutto l’anno e nell’acqua del mare, passeggiare sulla spiaggia, farsi accarezzare il viso dal vento caldo: un pieno di benessere. E puoi dire veramente addio a cattiva circolazione, ritenzione idrica, gonfiore e dolore alle gambe.
Per un breve periodo ho appunto lavorato al Dreams de La Romana, dove mi occupavo della vendita di pacchetti vacanza alla clientela francese. Andavo a lavorare con le infradito, come facevo anche a Milano. Ma non con quelle di gomma, da spiaggia. Erano scarpe a tutti gli effetti, e pure eleganti, bianche, legate dietro, però con quel pezzetto di pelle tra le dita. Fino a quando un giorno il direttore mi ha richiamato e obbligato a rispettare un certo decoro. Gli ho spiegato che non erano infradito di gomma o paglia, ma vere e proprie scarpe. Non importava. Quel pezzo di pelle in mezzo a due dita non andava bene. Da quel giorno non le ho più messe. Io avevo colleghe, in Italia, che arrivavano in redazione praticamente in costume. È una cosa che mi ha sempre disgustato. Non sei al mare, ma in ufficio a Milano! Avere come vicina di scrivania una collega praticamente quasi nuda non è proprio un gran spettacolo. Ancora più grave era che il direttore non batteva ciglio. A Santo Domingo, nelle strutture di un certo rilievo, come quelle turistiche, queste cose non succedono.
Se anche tu vuoi cambiare vita e stai pensando di trasferirti a Santo Domingo, contattami e prenota una consulenza. Sarò lieta di aiutarti e trasferirti tutta la mia esperienza.